Cotture lente, funghi, castagne, zuppe. Ma anche voglia di casa e accoglienza, colori caldi e avvolgenti. L’autunno in cucina e a tavola diventa coccola e cura di sé e degli altri: è una questione di ricette e di giusti strumenti.
Sarà il cambiamento climatico; saranno gli eventi (inter)nazionali che hanno – ahimè – distratto la nostra attenzione nelle ultime settimane (mesi? anni?); sarà lo spirito di autoconvincimento e negazione dell’evidenza che ci ha fatto sentire in una coda d’estate finora (piuttosto con il raffreddore ma la giacca pesante ancora no, dai) ma ora dobbiamo ammetterlo: siamo in autunno, quello pieno, quello tinto di grigio e arancione – che stanno pure bene insieme – e che in un passo diventa inverno e poi Natale (e poi di nuovo primavera! Facile vista così, no?).
Bene, questo tipo d’autunno è quello in cui la malinconia diventa aesthetic, e chiamarla “cura di sé” suona più elegante di “voglio solo dormire fino a marzo”. È quella stagione meravigliosa in cui anche se le cose non vanno proprio benissimo – veleggiando sugli eufemismi e pur sempre considerando le generose fortune quotidiane che abbiamo – dicevamo, quella stagione gentile in cui ci si può consolare senza sensi di colpa con corroboranti zuppe, cremosi risotti, profumati tartufi, vivaci zucche e preziose castagne (meglio se raccolte).
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